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Rifacimento della Fogliano-Sabotino... soldi buttati

By: davide

davide - Sat 11/03/2006 or 18:34
I giornali in questi giorni ci riportano delle mirabilie che dovrebbero avvenire con il rifacimento della Fogliano-Sabotino.. I politici ancora una volta stanno gettando soldi pubblici nel cesso.. Andate a vedere come hanno asfalto la Borgo Piave-Sabotino nell'estate 2005 e Via Tivera a Cisterna nel novembre 2005. Hanno appicicato l'asfalto su quello vecchio senza prima raschiarlo. Anzi su via Tivera hanno messo l'asfalto mentre pioveva!! Vedrete che anche sulla via Litoranea faranno così E i giornali, non dicono niente di questi sprechi DAVIDE

Vincenzo - Sat 11/03/2006 or 19:15
Davide, forse.... avrai pure ragione ad esternare i disservizi descritti, che io tra l'antro non conosco e non ho riscontro, ma ti consiglio di moderare i termini in quanto c'è modo e modo di dire e constestare le cose. Ritengo che esistano dei modi più civili e sicuramente più incisivi per esprimere in proprio dissenso. Non credi ??? Anche perchè il presente sito è letto da molti e se malauguratamente un personaggio (anche se non fai i nomi) chiamato in causa, potrebbe darti fastidio..... Poi fai come credi, il mio è solo un consiglio. Saluti Vincenzo

Alex - Sat 11/03/2006 or 20:50
Più volte su questo sito, in prima linea Salvatore, sono state denunciati i modi inadeguati con cui vengono "riparate" le buche della strada o sul quanto malamente si procede a riasfaltare su vecchio asfalto senza adeguare prima il fondo stradale o senza, come dice Davide, grattare via il vecchio ..... Capisco anche la rabbia che emerge nel vedere, in certi casi, questi scempi pensando che si fanno coi soldi nostri. Ad ogni modo, io non condivido il modo che Davide ha usato per porre le questioni. Mi spiego meglio, non tanto per il linguaggio "colorito" che può essere dovuto all'emotività, ma quanto per la durezza con il quale viene espresso che, di fatto, è distruttivo, inconcludente e basta: In sostanza non ci da alcuna speranza. In realtà, e necessario stabilire un dialogo con le istituzioni, e per farlo, bisogna evitare di usare modi inopportuni che inibiscono e indispongono l'interlocutore a priori. Non voglio dire che bisogna essere dei lecca***i, anzi, ma sono necessari stima e rispetto reciproci per consentire un adeguato confronto in qualsiasi rapporto, figuriamoci coi politiici ;-) senza voler polemizzare con la categoria.

Freddy - Sat 11/03/2006 or 23:31
Caro Davide, grazie per aver compreso. Continua così. Ferdinando Cedrone

Salvatore - Sun 12/03/2006 or 12:27
Caro Davide, Condivido la tua indignazione per le opere fatte male, (forse un po’ meno gli schiaffi che proponi). Io e la mia famiglia siamo arrivati a Latina Scalo nel 1998 e a Latina nel 2000. Subito rimasi sconvolto dalla condizione pietosa in cui versavano le nostre strade, dato che da alcuni anni, durante i quali avevo girato in lungo e in largo gli USA, non mi capitava di vedere una buca. Dal 1998 ad oggi sono state riasfaltate quasi tutte le strade di Latina e dintorni ma, purtroppo, col consolidato sistema italico della grattatina (e a volte neanche quella) e dello straterello millimetrico spalmato sopra. Inutile dire che la strada così rifatta, dopo poche settimana comincia a sgretolarsi, e dopo pochi mesi è nelle stesse condizioni indecenti di prima. E infatti dopo 8 anni (e non so quanti soldi spesi) le strade sono nella medesima condizione disastrata. Potrei farti degli esempi: la strada che dalla rotonda del Piccarello porta a Tor Tre Ponti, è stata asfaltata nei primissimi mesi del 2000, e già a fine 2000 era in condizioni pietose. Oppure la Pontina dove spesso vengono aperti dei cantieri (sempre nelle ore di maggior traffico ovviamente,con gravi ripercussioni sulla circolazione e sulla sicurezza); non fanno in tempo a riasfaltarne un tratto che già andrebbe rifatto. Ora vedi, tu hai ragione ad indignarti per il modo vergognoso in cui vengono sprecati i nostri soldi, ma ti faccio presente che questo è il modus operandi consolidato dell’Italia del dopoguerra, e forse lo era anche prima. Ora se, il politico, l’amministratore, il tecnico, l’appaltatore etc., è stato allevato ed educato a questo andazzo, questo diventa il modo normale di operare. Non si riesce neanche a concepire che possa esistere un modo diverso di fare le cose. Ecco perché a mio parere indignarsi va bene, anzi è indispensabile, ma bisogna capire che a volte chi ci amministra è figlio di questa nostra povera Italia, furba e svogliata, che finisce per depredare le sue risorse alla ricerca di vari escamotage per non fare le cose per bene, per fregare il prossimo, per commettere le furbate, quando poi, a conti fatti, con lo stesso dispendio energetico sarebbe possibile fare le cose a regola d’arte, con evidenti vantaggi per tutti. Il cambiamento e la moralizzazione deve venire dal basso, da noi tutti, da persone come te e come me che, con garbo ma con fermezza, devono fare capire agli altri che è ora di cambiare strada. E la moralizzazione può iniziare proprio dalle piccole cose, quali la riparazione di una buca o il rifacimento dell’asfalto di una strada. Il 9 settembre 2003 ho inviato una lettera al nostro Sindaco dove tra l’altro dicevo: “Signor Sindaco, (…) Cominci a rifuggire dagli interventi “tampone” o di “facciata” e sposti le risorse verso gli interventi strutturali. Faccio un piccolo esempio: ho visto parecchie strade rifatte con uno straterello millimetrico di asfalto che si stacca dopo pochi mesi. Non sarebbe meglio cominciare ad asfaltare seriamente? (…) In giro per Latina è facile imbattersi in buche dell’asfalto, pezzi di marciapiede divelti, segnali stradali caduti o vandalizzati. A volte devono passare mesi o addirittura anni, prima che qualcuno vi ponga rimedio. Il servizio di manutenzione dovrebbe essere molto più tempestivo e capillare, e magari sarebbe utile un NUMERO VERDE MANUTENZIONE a disposizione dei cittadini. (…)” Ora, finché sarò il solo a scrivere lettere del genere, non cambierà nulla, ma se altri cittadini sensibili, ciascuno con i propri mezzi, faranno sentire la loro voce, sono convinto che qualche risultato dovrà pur arrivare. Forse sarò presuntuoso, ma penso che, con i dovuti modi, potremo "educare" persino i nostri politici. Un caro saluto Salvatore

davide - Sun 12/03/2006 or 23:10
Caro Salvatore sei a Latina solo dal 98, per curiosità prima dove vivevi? Cmq una delle poche strade rifatte come si deve è stata via Epitaffio negli anni 98-99, in cui effettivamente hanno raschiato l'asfalto e tagliato le radici dei pini che avevano sollevato l'asfalto, soprattutto a Latina Scalo. La via Piccarello, che Porta a Tor Tre Ponti è stata rifatta come tu dici nel 2000, ma senza essere grattata.. Cmq in centro città la situazione è pessima, ad esempio sulla Circonvallazione nei pressi della Facoltà di Ingegneria ci a forza di mettere asfalto nuovo su quello vecchio sono quasi arrivati al livello del ciglio del marciapiede, e le feritoie per smaltire l'acqua piovana hanno ormai sezione ridottissima! Ma tant'è..... DAVIDE

davide - Sun 12/03/2006 or 23:18
Caro Ferdinando, ho eliminato la parte più dura del mio messaggio. Ti chiedo quindi di eliminare quella citazione nella tua risposta. Grazie DAVIDE

Salvatore - Thu 16/03/2006 or 16:29
Caro Davide, prima ero negli Stati Uniti, dove la metà circa delle strade è in cemento armato, mentre l'altra metà è in asfalto. Entrambi durano vari decenni senza bisogno di manutenzione. Le rare riparazioni necessarie avvengono asportando completamente il pezzo di strada danneggiato, scavando una profonda buca, rifaceno le fondazioni e ricostruendo la pavimentazione. Quando la starda si deteriora, viene ricostruita con lo stesso criterio. Potrebbe sembrare che noi col nostro straterello millimetrico di asfalto risparmiamo, ma a lungo andare spendiamo di più e abbiamo sempre delle strade indecenti. Ciao Salvatore

davide - Thu 16/03/2006 or 19:54
Si ma in questo modo non potrebbero lavorare le ditte degli amici, che fanno pergiunta lavori di #OOPS#.. DAVIDE

Salvatore - Thu 16/03/2006 or 20:19
Si ma è proprio da questa logica che bisogna uscire. Le ditte di cui parli, sia quelle degli amici sia quelle dei nemici potrebbero lavorare lo stesso ed essere pagate profumatamente per il lavoro ben fatto. Uno dei cancri peggiori del nostro Paese, è quello di aver considerato il "posto di lavoro" come il bene assoluto, il fine ultimo della politica. L'importante è sempre stato distribuire reddito, anche se da fame, ma a nessuno è mai importato niente se questi "posti" fossero o meno produttivi. In questo modo abbiamo rinuncato al vero sviluppo, e se continuiamo così faremo la fine dell'Argentina. Salvatore

Raffa - Fri 17/03/2006 or 07:16
Non voglio rischiare di fare demagogia, ma quello che dice Davide è tristemente vero come è vero che in questo modo si dà lavoro (per quanto inutile) a molte persone. Tempo fa assistetti ad un convegno politico dove "tra le righe" del relatore si intendeva proprio questo ... qualcosa del tipo: Così è giusto così lavorano tutti. Io me ne andai a fronte di quell'affermazione ma fui l'unico, quanti condividono questo punto di vista? Alex (dal PC di mia moglie)

Vincenzo - Fri 17/03/2006 or 08:00
Scusate se mi intrometto, ma allo scrivente non risulta affatto che gli appalti siano affidati a ditte di amici ecc. ecc. Mi risulta altresì che le gare di appalto espletate dal Comune di Latina siano in regola con tutti i canoni dettati dalle normative di legge. Non capisco a quali vi riferiate, ma se si ritiene che ci sia stata una irregolarità la stessa va denunciata. E' troppo facile "buttare il sasso" e scappare. Vincenzo

Salvatore - Fri 17/03/2006 or 08:32
Caro Alex (sotto mentite spoglie), Gli anglosassoni chiamano il lavoro “job”. “I’m looking for a job, sto cercando un lavoro”; “I have a good job, ho un buon lavoro”; “I lost my job, ho perso il lavoro”. In Italia persino la semantica si è adattata alla visione distorta che abbiamo del lavoro. Infatti non parliamo di lavoro ma di “posto di lavoro”. Poi abbiamo persino omesso la parola “lavoro” ed è rimasto il “posto”. “Cerco un posto (sicuro, ovviamente)”; “Ho un buon posto”; “Ho perso il posto”. Nell’immaginario collettivo non è più etico dover lavorare, sudare o far fatica. Qualcuno piuttosto dovrebbe assicurarci lo stipendio, e possibilmente mandarcelo direttamente a casa, così eviteremmo la fatica di alzarci la mattina. Purtroppo l’illusione è finita, e tocca rimboccarsi le maniche. Salvatore

Alex - Fri 17/03/2006 or 11:18
Ciao Vincenzo, non credo che si stia parlando di una irregolarità specifica, anche perchè, sulla base delle mie esperienze diretti, "l'amico dell'amico" lavora seguendo le regole che vengono disposte a questo scopo. Mi spiego meglio, il bando di gara che viene obbligatoriamente esposto da un qualsiasi ente pubblico (non mi riferisco quindi solo al Comune di Latina) per l'appalto di un lavoro, viene scritto indicando dei requisiti alla partecipazione che spesso sono riscontrabili solo in società "amiche", il resto viene "causato" da una pubblicazione lampo del bando e dal poco tempo fornito per la preparazione dello stesso. ... aggiungerò altro appena avrò altro tempo, adesso devo andare. Un vicino di casa.

michfabi - Fri 17/03/2006 or 18:12
Freddy, credo opportuno moderare la discussione. Non credi sia opportuno riequilibrare lo stile, il tono, i contenuti di questa discussione? Sicuramente il titolo non ispira aulici sentimenti, ma certe affermazioni comparse in messaggi precedenti al presente credo che richiedano maggiore attenzione. Un caro saluto, Michele 348 4701298

Freddy - Fri 17/03/2006 or 22:08
Caro Michele, se ti riferisci ai termini poco ortodossi di Davide utilizzati in discussioni precedenti, sappi che ho già chiesto pubblicamente allo stesso di moderare il proprio linguaggio. Inoltre, a seguito di questa mia richiesta, sembra che l'atteggiamento sia sostanzialmente cambiato. Credo che Davide ha dimostrato di essere una persona molto corretta accettando intelligentemente di rivedere il proprio modo di esprimersi. Se invece ti riferisci a qualcosa che non ho capito, ti prego di farmelo capire esplicitamente. Grazie comunque per l'osservazione. Freddy

davide - Fri 17/03/2006 or 23:14
Caro Vincenzo purtroppo è tutto troppo strano.. Vincono sempre ditte di Napoli e della Campania.. 1) Ultimo esempio delle isole ecologiche da fare a Latina Scalo e Chiesuola.. in cui ha vinto una ditta di Villa di Briano (CE) 2) realizzazione illuminazione via dei Marrucini ed altre vie ha vinto una ditta di ANGRI (SA) 3) Ristrutturazione dell'ex Distretto Militare ha vinto una ditta di ISCHIA (NA) 4) Ristrutturazione Hotel Sabaudia al Lago ha vinto una ditta di Napoli (Ente appaltante Provincia) 5) Lavori per sistemare il parcheggio all'Abbazzia di Valvisciolo sempre una ditta campana (Ente Appaltante Provincia) vinti da una ditta campana 6) Rifacimento dei marciapiedi di piazza della Libertà col travertino romano ha vinto ancora una ditta di Napoli... ALcuni dicono che queste ditte vincono perchè hanno degli sgravi fiscali, secondo me lavorano al nero e scaricano i materiali di risulta e calcinacci nel primo canale che capita anzichè portarli in discarica.. Tutto ciò è inquitante.... DAVIDE

Vincenzo - Sat 18/03/2006 or 21:03
Caro Davide, effettivamente è strano, però gli appalti pubblici vengono afffidati alle ditte che offrono il ribasso migliore. Certamente se utilizzano mano d'opera in nero e materiali di ultima qualità è da considerarsi concorrenza sleale. Come sempre spetta alle istituzioni di effettuare i dovuti controlli sulla mano d'opera impiegata e alla Direzione Lavori la responsabilità dei materiali utilizzati e perfetta realizzazione a regola d'arte delle opere eseguite. Comunque le ditte non vincitrici possono opporsi nel caso in cui ritengano che ci siano anomalie di qualsiasi tipo. C'è da considerare infine che le ditte Campane operanti nell'edilizia sono numerosissime. Saluti Vincenzo

Alex - Sun 19/03/2006 or 21:23
Per la mia esperienza personale, riprendo il discorso sul come funzionano i bandi di gara per appalti pubblici. Il Bando pubblico è uno strumento molto importante perchè definisce tutti i "requirement" ( i requisiti ) che una azienda deve avere per partecipare al bando stesso. Definisce, inoltre, le modalità operative con le quali l'oggetto del bando deve essere costruito od erogato, i TEMPI di costruzione o erogazione e, spesso ma non sempre, i materiali e/o la tipologia di professionisti che dovrà operare sul progetto conseguente in caso di vincita. Sulla carta è tutto molto bello, esistono, specialmente in conseguenza della fine della prima repubblica, alcune leggi definite "anti tangenti", e bisogna dire che la forma classica di tangente, cioè quella della mazzetta di banconote o del trasferimento fondi è decisamente scomparsa o al limite in via di sparizione. Quello che accade oggi è molto più complesso e, se vogliamo, più subdolo. Per scrivere i bandi di gara vengono spesso coinvolti consulenti esterni all'ente pubblico che aiutano nella stesura della parte specialistica del testo del bando di gara stesso. Per fare un esempio in questo senso, se un ufficio pubblico deve comprare dei computer, non avendo esperti al suo interno, chiamerà uno specialista di informatica per aiutarli nel capire il modello di PC più adatto alle loro esigenze. Quello che accade di frequente, se non sempre, è che il famoso specialista di informatica di cui sopra, è in genere "amico" della ditta PINCO PALLA Personal Computer e guiderà la scrittura del bando conseguente in modo da menzionare caratteristiche peculiari dei PC PINCO PALLA .... L'ente pubblico è "pulito" perchè, come prevede la legge, esso ha prodotto un bando di gara per appalto pubblico ... se poi si è presentata solo la PINCO PALLA la colpa non è la sua! Anche il consulente esperto è pulito, perchè ha fatto il suo lavoro di consulenza ben pagato dall'ente pubblico .... La cosa bella è che in questo modo, lo spostamento di soldi avviene alla luce del sole dal pubblico al consulente fino al lavoro per la ditta appaltatrice. E' sconcertante il meccanismo quasi diabolico con cui funziona oggi perchè obbliga tutti a prendervi parte ... almeno prima potevi decire se pagare o meno la tangente ... adesso o fai così o fai così. Un vicino di casa.

davide - Tue 21/03/2006 or 19:32
Caro Vincenzo, ci sono prezziari della Regione Lazio su cui vengono fatti gli appalti che risalgono al 1994... Ora visto che si utilizzano quei dati non aggiornati, come è possibile che una dittà riesca a fare il 30% di sconto su dei prezzi di oltre 10 anni fà? E' quello che ha fatto la ditta che ha ristrutturato l'ex Distretto Militare per la Sede Di Ingegneria.. Andate a vedere che #OOPS# di lavori, gli intonaci non sono stati rifatti è stata data una mano di bianco alla bell'emeglio, le colonne di travertino romano del portico interno non sono state riportate al loro splendore della fondazione fascista, ma anche quà è stata passata una mano di bianco, orrore!!! Ma sono ditte napoletane, hanno chiesto poco perchè hanno lavorato di #OOPS#.. Tutto il contrario della Facoltà di economia (ex82) in cui i marmi hanno lo splendore che avevano ai tempi del Duce e le pareti delle aule sono lisce e bianchissime, quasi accecanti.. Guarda caso il lavoro lo ha fatto una ditta di Latina, che ha impiegato 2 anni, mentre quello al Distretto una ditta di Ischia che ha impiegato un anno! E cmq è vero, i bandi li fanno per far vincere i loro amici! DAVIDE

renatosd - Wed 22/03/2006 or 09:20
l'ultimo prezzario della regione lazio è del 10/04/2002 supplemento GU n°10 renato malinconico

Salvatore - Wed 22/03/2006 or 13:44
Cari amici, I vostri interventi su questo (e su altri) forum e, in particolare, l’intervento di Alex del 19/3 a proposito degli appalti mi hanno dato lo spunto per una riflessione che vorrei condividere con voi tutti. Esemplificando, considererò la gara d’appalto come la “versione societaria” del concorso pubblico per accedere al posto statale, quindi perdonatemi se, per brevità, accorperò i due argomenti. Comincio con una affermazione che, sono sicuro, non piacerà a molti di voi: “Noi Italiani siamo un popolo fondamentalmente disonesto”. Questa mia convinzione, maturata nei miei anni di esperienza nella Pubblica Amministrazione e nei miei anni trascorsi all’estero, deriva dalla mia curiosità, dal desiderio di capire le cose, di conoscere gli altri popoli e di comprendere i loro sogni e le loro aspettative. Attenzione, non sto sostenendo che tutti gli Italiani sono disonesti o che tutti i disonesti sono italiani. I disonesti esistono ovunque! La differenza è che noi abbiamo fatto della disonestà, della furbizia e del sotterfugio il nostro sistema di vita, il nostro punto di forza, la nostra caratteristica. Mentre noi misuriamo il valore di una persona dalla sua furbizia, dalle sue conoscenze altolocate, dalla sua propensione alla prevaricazione, all’inganno e all’evasione fiscale, gli altri popoli misurano il valore di una persona dalla sua onestà, dalla sua lealtà, dalla sua integrità, dal suo patriottismo (oddio che bestemmia! Spero che Freddy non me la censuri!). La furbizia, il sotterfugio, l’evasione fiscale (insomma i nostri migliori valori) sono ripudiati con forza dalla vasta maggioranza dei cittadini degli altri Paesi civili, e sono relegati tra i comportamenti deviati di una minoranza reietta che si nasconde, timorosa di essere emarginata dalla società prima ancora che di essere punita dal sistema giudiziario. Dopo questa lunga premessa, veniamo alla nostra povera Italia dove gran parte del nostro mastodontico e farraginoso apparato burocratico e legislativo è stato messo in piedi per tentare di difendere il popolo italiano dal suo peggior nemico …il popolo italiano stesso. Le gare di appalto e i concorsi pubblici sono l’esempio più eclatante di questo nostro mostro burocratico eretto ad inutile argine della nostra stessa furbizia e disonestà. Le gare di appalto ed i concorsi pubblici, dovrebbero essere gli strumenti attraverso cui fornire alla collettività la migliore strada al prezzo più basso, o il migliore insegnante disponibile sul mercato (così con “strada” e “insegnante” rimaniamo nel tema di questo forum e del forum “insegnare oggi”). Ma è veramente così? Molte volte sembra che riusciamo ad ottenere esattamente l’opposto, ossia la peggiore strada al prezzo più alto e l’insegnante meno qualificato. Vedendo i risultati e confrontandoli con quelli degli altri Paesi, viene il sospetto che qualcosa stia andando tremendamente storto. Cos’è che non funziona allora? Come mai il concorso pubblico e la gara d’appalto, da strumenti per assicurare alla comunità, a noi tutti, la merce migliore, sono diventati il fine ultimo della burocrazia e lo strumento della corruzione? Nel corso degli anni il legislatore italiano ha tentato di elaborare una metodologia impersonale, quasi scientifica, svincola dalle debolezze umane, che con una serie di procedure rigide, dovrebbe sottrarre il processo di assunzione o di assegnazione di un appalto dalla fallacità e dalla corruttibilità umana, quasi una sorta di Calice Di Fuoco (avete letto Herry Potter?)” che tra i vari candidati, magicamente, sceglie il migliore. Come mai allora i risultati sono così scadenti? Perché le nostre opere pubbliche costano il triplo di quelle private e durano la metà? Perché nei nostri uffici pubblici c’è una popolazione mediocre e demotivata? Chi di noi volesse assumere una tata, cosa farebbe? Farebbe forse un concorso pubblico? Penso proprio di no! Per prima cosa stabilirebbe quali sono le caratteristiche che deve avere la tata, (che ne so… matura, laureata, fluente nelle lingue russo e portoghese, suonatrice di piano…). Poi metterebbe un annuncio e aspetterebbe le candidate. Quando queste si presentano farebbe con ciascuna una chiacchierata, la farebbe sedere davanti al piano per vedere come se la cava, gli farebbe un paio di domande in russo e in portoghese, controllerebbe le referenze, poi sceglierebbe quella che meglio soddisfa i requisiti, la prenderebbe in prova per un mese, e se soddisfatto la assumerebbe. E se dovessimo acquistare una nuova lavatrice? Faremmo una gara di appalto? Ancora una volta, penso di no! Decideremmo le caratteristiche, ci faremmo consigliare, gireremmo tre o quattro negozi e alla fine compreremmo la nostra lavatrice dove il prezzo è più basso. Ora, se con questo semplice metodo riusciamo a mandare avanti la nostra famiglia, perché i signori e le signore che abbiamo scelto (e che paghiamo profumatamente) per mandare avanti la nostra Italia non potrebbero fare altrettanto? Ovvio mi direte voi, perché invece delle persone qualificate assumerebbero gli amici o i parenti incompetenti, perché la lavatrice la comprerebbero dove costa di più (e si spartirebbero la differenza), perché la corruzione dilagherebbe, perché il Paese andrebbe a rotoli! Ed ecco il problema di fondo: la nostra disonestà. In pratica, nonostante lo stipendio che paghiamo loro, noi non ci possiamo fidare delle persone che abbiamo eletto (o che abbiamo assunto) per ricoprire incarichi di responsabilità nei nostri ministeri, regioni, comuni, scuole etc. Sarebbe come comprare una lavatrice, ma dover lavare i panni a mano perché non ci fidiamo del risultato! Questo è devastante! Altro che paura per il terrorismo! Noi siamo in guerra continua contro un nemico subdolo e mortale: noi stessi. Subdolo perché ormai non lo percepiamo più come tale, mortale perché sta uccidendo la nostra penisola e le sue bellezze naturali e paesaggistiche, sta asfissiando la nostra economia, sta depauperando i nostri tesori artistici e archeologici sta spegnendo il nostro stesso futuro e il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Il nemico siamo noi! In America (arieccolo coi confronti, dirà qualcuno) quando il rettore di una università deve assumere un nuovo professore, non fa mica un concorso pubblico! Mette un annuncio, fa una chiacchierata con i candidati, controlla i loro titoli e le loro referenze, controlla le loro raccomandazioni (e qui vedo già molti di voi che stanno saltando sulla sedia! Vi prometto che tornerò presto sull’argomento raccomandazioni), prende il caffè con loro, e sceglie quello che reputa più idoneo. Quando il City Manager di una città americana deve dare l’appalto per costruire una nuova strada, convoca le ditte idonee (esiste in comune una lista continuamente aggiornata delle ditte attendibili, referenziate, con una storia di professionalità alle spalle) illustra loro il progetto e chi propone la soluzione più vantaggiosa per la collettività si aggiudica l’appalto. Il tutto alla luce del sole, magari mentre mangiano un cartoccio di patatine fritte, senza buste sigillate o oltre diavolerie nostrane. Perché da noi non è possibile fare una cosa del genere? Principalmente penso per due motivi: 1. la disonestà radicata nel nostro DNA; 2. la mancanza di “accountability”. L’accountability (che significa esser responsabile di qualcosa, dover render conto, dover rispondere del proprio operato) è alla base del buon funzionamento di qualsiasi entità americana, pubblica o privata. Il preside di una scuola è responsabile del buon andamento della scuola. Se assume insegnanti incapaci, o bidelli fannulloni che non puliscono bene, sta facendo del male a se stesso, perché è lui in prima persona che dovrà rispondere del buon andamento della scuola. Le persone che lui ha assunto, sono responsabili nei suoi confronti, e potrà licenziarle con la stessa facilità con cui le ha assunte. Il city manager che dovesse dare l’appalto ad una ditta amica, incapace di costruire a regola d’arte, risponderebbe in rima persona delle buche che si apriranno sulla nuova strada. Le ditte hanno tutto l’interesse a fare i lavori a regola d’arte, altrimenti verrebbero depennate dalla lista e non vedrebbero mai più un appalto pubblico. È ovvio che tra le pieghe del sistema americano ci sarà pure qualcuno assunto per nepotismo, o una dittarella che ottiene un appalto da un amministratore compiacente, ma sono l’eccezione, mentre da noi sono la regola. Chissà se un giorno anche da noi… ovviamente sto sognando ad occhi aperti: da noi nessuno è responsabile di niente e in più abbiamo l’art. 18! Da noi il preside si trova a gestire insegnanti che gli sono piovuti addosso (perché vincitori di concorso) senza avere alcuno strumento per poterli gestire. Può forse licenziarli? No Può motivarli con argomenti economici? No. Può forse promuovere i più meritevoli, premiare chi fa il suo lavoro con entusiasmo? Forse può dargli una pacca sulla spalla, ma niente di più. Ecco allora l’appiattimento totale verso il basso. Anche chi sarebbe capace ed entusiasta, prima o poi dirà: “ma chi me lo fa fare?” e si omologherà all’andazzo: fare il meno possibile e aspettare il 27. Da noi se una ditta fa un lavoro schifoso, nessuno può (o vuole?) rivalersi! Alla prossima gara la ditta si ripresenta impunemente, e magari vince pure il prossimo appalto! Poi subappalta i lavori in nero (alla faccia della legalità, della previdenza sociale, della legge 626/94 sulla scurezza). Con collaudati meccanismi, quello che era stato appaltato per 100 alla fine costa 1000, (con sommo gaudio di chi partecipa alla spartizione della torta) ma l’apparenza è salva, esteriormente tutto è legale; peccato solo che la torta stia finendo! Viviamo in un paese duplefax: dietro una facciata pulita e legale, nascondiamo la realtà sporca, fatta di corruzione, nepotismo, raccomandazioni , tangenti etc. Scusate se mi sono dilungato. Salvatore

giucap - Wed 22/03/2006 or 16:00
Caro Salvatore, pur condividendo l'amarezza di fondo per il "paese dei furbi", debbo dire che c'è qualcosa che non mi convince nella tua esposizione (altrimenti non ci sarebbe dibattito!). Non sono convinto che la causa dei "mali" del nostro Paese sia l'articolo 18, o il DNA. Parlerei più semplicemente di cultura, o meglio della sua carenza (il che, anziché semplificare il problema, lo complica assai). Lascerei le cause a storici e sociologi, ricordando sempre che trattiamo di una (per quanto folta) minoranza "rumorosa" che si avvale della complicità involontaria della maggioranza silenziosa. A mio avviso la mancanza di cultura, ad esempio, ha portato molti a credere che ciò che non ha proprietario non è di nessuno, quando invece è di tutti e quindi di ciascuno: c'è carenza di senso del bene comune e di comunità. Sulle gare di appalto ho qualche limitata esperienza in Italia, maggiore all'estero. Condivido la tua opinione circa l'eccessiva burocratizzazione delle gare d'appalto pubbliche sorta per tentare di porre un freno alle "pastette", anche se si potrebbe migliorare prendendo esempio dall'estero per introdurre controlli sostanziali più che formali. Vedendo come vanno qui da noi le cose mi vado convincendo però che, oltre alle regole per l'aggiudicazione, bisognerebbe prestare maggiore attenzione alla redazione e gestione dei contratti: solo così ci si può garantire dalla lievitazione di costi e tempi, scoraggiando i "furbi" dal fare sconti eccessivi in fase di offerta (tanto poi l'amministrazione compiacente approverà le varianti). Personalmente non ho vissuto negli Stati Uniti e quindi non conosco gli aspetti di vita quotidiana, ma mi sembra che lo scandalo Enron (per parlare di qualcosa di macroscopico) come anche le commesse alla Hallyburton ed alla Bechtel non siano esempi di gestione esemplare. Il fatto è che qui ci si richiama agli Stati Uniti a corrente alternata: mentre noi depenalizzavamo il falso in bilancio lì si inasprivano le pene; a qualcuno qui piace un liberismo "primordiale", del tipo "libera volpe in libero pollaio" (ed io, sentendomi pollo nel profondo, sono alquanto preoccupato) mentre negli Stati Uniti e nel resto del mondo industrializzato vigono regole ed istituti indipendenti di vigilanza. La divisione di poteri e le regole che l'accompagnano, caratteristica dello stato liberale moderno, nascono proprio per scoraggiare i "furbi", in ogni parte del mondo. Magari la differenza potrà farla la reale applicazione, il controllo e la certezza della sanzione (siamo o non siamo il paese dei condoni?). Quanto alla facciata pulita e legale del nostro paese, mah, se guardiamo agli esempi ai più alti livelli .... (e qui mi taccio, per problemi di par condicio) ;-) Un saluto Giulio

Salvatore - Wed 22/03/2006 or 21:26
Caro Giulio, quella del DNA naturalmente era una battuta. È ovvio che, come dici tu il problema è culturale. Noi abbiamo elaborato ed interiorizzato un atteggiamento deleterio che ci sta conducendo alla rovina. Ricercarne le cause, anche se ad opera di storici e sociologi, serve a meglio comprendere il fenomeno, onde poterlo combattere. È una rumorosa minoranza, come tu dici, la causa dei nostri mali? A me, guardandomi in giro, tanta minoranza non sembra. Inoltre la maggioranza mi pare che si è piacevolmente uniformata. Per quanto riguarda l’art. 18, è ovvio che non gli possiamo addossare tutti i mali del paese. L’art 18 è solo la punta dell’iceberg della nostra illusione che abbiamo coltivato per più di mezzo secolo: diritti senza doveri. Per il resto sono completamente d’accordo con te. Un caro saluto Salvatore

Freddy - Wed 22/03/2006 or 22:43
Cari Giulio e Salvatore, sono pressochè d'accordo su tutto quanto da voi affermato. Vorrei solo aggiungere la mia personale posizione sul termine "Cultura". Personalmente mi sono sempre chiesto cosa significhi esattamente tale parola. Non mi riferisco esattamente a quanto è scritto sul vocabolario della lingua italiana, ma più direttamente al concetto di cultura così come interpretato dalla maggior parte delle persone. Ad esempio, se vi chiedessi: tra un studioso della storia e della letteratura italiana e uno studioso della biologia (guarda caso), chi per voi è quello più colto ? Bene, con molta onestà, credo che la maggior parte delle persone si esprimerebbero a favore del primo. Eppure, se analizzassimo attentamente la questione, ci accorgeremmo che tra i due, il biologo, (colui che studia la VITA) è quello che per definizione "si è informato" (e cioè ha studiato) su quanto accaduto in un arco temporale decisamente più vasto (centinai di milioni di anni) di chi si è soffermato nei dettagli della storia dell'essere umano (pochi milioni di anni). Invece, secondo l'opinione pubblica, se sei uno storico oppure un letterato sei un uomo colto, se invece sei un biologo, un medico oppure un gelogo, al massimo sei uno scienziato. Vi chiederete, perchè questa "filippica" ?....dove vuole arrivare Freddy ? Mi spiego subito: Giulio dice: "non si tratta di questioni legate al DNA ma solamente di CULTURA" ! Sul DNA sono d'accordo, i cromosomi con la disonestà c'entrano poco (almeno credo). Non sono invece d'accordo sul fatto che tutto sia dovuto alla "Cultura", almeno nel senso dell'interpretazione prima data a questo termine. Mi spego ancora meglio: se la maggior parte delle persone fossero informate che ci sono molte più similitudini tra un uomo ed una scimmia che tra quest'ultima e una formica (dal punto di vista scintifico, naturalmente), forse perderebbe automaticamente la presunzione di pensare di avere il mondo e l'universo ai suoi piedi e si renderebbe conto di essere soltanto un importante elemento del sistema stesso. Religione a parte, ovviamente, credo che se imparassimo ad apprezzare di più quanto è intorno a noi, in termini di altri esseri viventi, animali, piante ed ambiente in genere, automaticamente, il nostro rispetto per l'essere "più simile" a noi (cioè gli altri esseri umani) sarebbe solo una logica conseguenza. Non credete ? Da qui, nasce la mia personalissima convinzione, che lì dove c'è maggiore disinformazione sulle questioni legate all' evoluzione degli esseri viventi e quindi della CULTURA scientifica, la questione "disonestà" comunemente intesa come il "fregarci tra uomini" e "l'egoismo umano" (appunto umano, quindi sempre tra uomini), trovi le proprie più radicate origini. Insomma, vorrei solo affermare, che quando parliamo di mancanza di cultura come principale motivo della disonestà degli Italiani, forse dovremmo spingere i nostri confini mentali oltre la comune interpretazione del termine. Prova ne sia che, l'Italia e gli Italiani, sono uno tra i popoli al mondo più ricchi di storia e di tradizioni e di beni culturali, eppure..........! Al contrario se analizzassimo il parallelismo tra crescita delle conoscenze scintifiche e senso civico e lealità, di ogni popolo del mondo, credo troveremmo molte più affinità. Spero di essermi spiegato. Scatenatevi pure nei vostri commenti, spero di non aver urtato la suscettibilità di nessuno. Freddy

Salvatore - Thu 23/03/2006 or 07:25
Freddy, Io per cultura intendevo qualcosa di più istintivo, magari diversa da quello che è riportato sul dizionario. Col termine cultura non volevo far riferimento al titolo di studio o a quanti libri ha studiato una persona, ma piuttosto al suo atteggiamento, all’insieme delle tradizioni che guidano il suo agire quotidiano, alla sua visione della vita e del mondo, al suo rispetto per gli altri, al suo senso della comunità, al suo senso civico. Certo la tua idea sulla "cultura scientifica" è interessante; vorrei solo far notare che la nostra “disonestà” ed “egoismo”non si estrinsecano solo contro gli altri esseri umani, ma contro il mondo animale (violenze, vivisezione) contro il regno vegetale (disboscamento selvaggio, OGM) contro l'intero pianeta (inquinamento, depredazione delle risorse). Un caro saluto Salvatore

giucap - Thu 23/03/2006 or 09:15
Cari Freddy e Salvatore, non vorrei che questo forum si trasformasse in una triangolazione, forse si potrebbe continuare più piacevolmente la conversazione di persona (se non fosse che sono a circa 600 Km da voi!). Mi scuso quindi con quanti potessero non essere interessati, per lo spazio "rubato". La mia accezione di cultura, almeno nel contesto in cui ho utlizzato il termine, coincide più o meno con quanto indicato da Salvatore. L'esempio portato da Freddy mi sembra si riferisca alla differenza tra cultura scientifica e cultura umanistica, dove Freddy sembra "parteggiare" per la prima (cicero pro domo sua? :-) ). Non mi sento di entrare nella disputa, ho studiato economia e non saprei neanche catalogarla (velleità scientifiche a concetti che rasentano il filosofico). Vorrei invece dire la mia sulla chiosa del messaggio di Salvatore. Penso non si possa che condividere l'estensione degli effetti delle cattive azioni dell'uomo, con un'aggiunta che mi permetto di virgolettare, come a proseguimento della frase: "quindi contro sé stessi". Ma allora, se è così, che egoismo è quello che si rivolge contro sé stessi? Io ho cominciato a distinguere tra (i) egoismo "miope", di breve periodo, che si occupa del piccolo interesse personale del momento, senza curarsi delle conseguenze, e (ii) egoismo "lungimirante" che si occupa sempre del proprio benessere, ma in senso più vasto in termini spazio-temporali (e direi anche di autosoddisfazione e amor proprio). Voglio dire che le azioni di solidarietà verso i nostri simili, come pure quelle a salvaguardia dell'ambiente e della biodiversità, sono tutte in ultima analisi a favore di noi stessi. Se le riportassimo ad un astratto altruismo ne ridurremmo il significato e forse anche l'efficacia. Un'ultima risposta a Salvatore (non me ne vogliate): condivido nel profondo la logica della responsabilità, del bilanciamento di ditritti e doveri, che dovrebbe essere la base di ogni comunità, grande o piccola; però l'Art. 18 che c'azzecca? In quel caso si prevede il licenziamento per giusta causa, ma si esclude l'arbitrio. Che poi l'applicazione sia complicata è nella complessità delle cose della vita, ma non mi sento di condannare il principio in sé. Un caro saluto Giulio

Salvatore - Thu 23/03/2006 or 10:33
Giulio, dell'art. 18 se ne è fatto, forse a torto, un feticcio ed è per questo che l’ho citato. Ma per come viene difeso a spada tratta da chi ha il classico posto sicuro, e paradossalmente pure da chi il posto sicuro non lo avrà mai, a me sembra che sia una delle espressione di un sogno utopistico che, come dicevo, abbiamo coltivato per più di mezzo secolo. Brutalmente e senza giri di parole, il sogno è il seguente: “Tutto mi è dovuto e io non devo niente in cambio!”. MI SPETTA: (1) il posto sicuro (anzi lo stipendio sicuro); (2) le ferie pagate (3) l’assistenza sanitaria gratuita; (4) i medicinali gratuiti; (5) la pensione a 40 anni; (4) la casa popolare; (5) qualsiasi altra cosa che mi passa per la testa. NON MI SI PUO’ CHIEDERE DI: (1) lavorare, fare fatica, sudare etc; (2) pagare le tasse; (3) contribuire in alcun modo a creare i presupposti che possano soddisfare i punti del MI SPETTA. Per quanto riguarda l’egoismo, penso proprio che hai colto nel segno. Il nostro è un egoismo immediato, rapace, miope che, inevitabilmente, ci si ritorce contro. Se fosse un egoismo a lungo termine, (lasciamo che l’uovo si schiuda, così domani avremo una gallina che potrà darci altre uova), penso che l’intera collettività finirebbe col giovarne. Saluti Salvatore

giucap - Thu 23/03/2006 or 13:40
Salvatore, mi spiace ma nel tuo sillogismo non riesco proprio a trovarmici. Come penso sia ormai chiaro, non riesco a ragionare per semplificazioni e schematizzazioni. Il problema del posto sicuro (da lazzaroni) contrapposto alla flessibilità (da virtuosi) mi lascia molto perplesso. In primo luogo perché per flessibilità si intende sempre quella in uscita, che qualcuno per qualche motivo chiama "precarizzazione", mentre il nostro mercato del lavoro è molto rigido in entrata. Non capisco se tu, che sei così diffidente verso la maggioranza "furba", sei poi anche molto fiducioso nel potere del mercato, che quindi risponderebbe alla flessibilizzazione in uscita con analoga flessibilizzazione in entrata. Ti ricordo però che il nostro mercato del lavoro è alquanto diverso (per tradizione, storia, "cultura") da quello anglosassone. Accomunare poi posto fisso ed evasione fiscale mi pare alquanto azzardato: se c'è una categoria che tecnicamente non può fare a meno di pagare le tasse, è quella composta dal lavoro dipendente (non perché virtuosa, ma semplicemente per la ritenuta alla fonte). Capisco che tu estremizzi e sui valori di fondo mi sono già detto d'accordo, ma mi chiedevo, anche alla luce del pessimismo che trasuda dal tuo primo messaggio sull'argomento, se questo generalizzare non possa servire a qualcuno come alibi: così fan tutti! Vedere il problema come etico, quindi personale e soggettivo, può aiutare solo i più sensibili a trovare la giusta risposta e le giuste motivazione per non cadere nei vizi che tu indichi come generalizzati. A me piace pensare che non sia così; tu pensi di essere l'unico a vederla in un certo modo? Come vedi hai trovato uno "sconosciuto" che in linea di massima la pensa allo stesso modo, quanto meno sulla logica diritti-doveri e responsabilità. Io credo che ce ne siano tanti, ma tanti altri. Poi vedi, secondo me ciascuno pensa di essere nel giusto, quando gli capita la "furbata" trova mille giustificazioni mentre quando la fa un altro è prontissimo a condannare senza attenuanti (e così l'altro che magari ha beccato lui). Oppure credi che ci sia qualcuno senza peccato? Con ciò non voglio giustificare alcun comportamento, ma semplicemente suggerire che magari sarebbe sufficiente che ciascuno tentasse del proprio meglio, provando anche a mettersi più spesso nei panni degli altri. Spero di non averti annoiato. Un caro saluto Giulio

Salvatore - Thu 23/03/2006 or 14:00
Caro Giulio, ci siamo cacciati in vicolo cieco. Io sto generalizzando, cosa che a te non piace! Il mercato del lavoro italiano, assolutamente (e artificialmente) rigido fino a qualche anno fa, ha trovato la sua (del mercato, non del lavoratore) strategia di sopravvivenza: niente più assunzioni a tempo indeterminato, ma solo co.co.co., lavoro interinale, contratti a progetto etc. Ossia precarietà a vita! Questo è il punto di arrivo del nostro sogno ipocrita durato mezzo secolo. I nodi stanno tutti venendo al pettine, e sono nodi dolorosissimi da sbrogliare. Di chi è la colpa di tutto questo? Chi è senza peccato scagli la prima pietra (e non sarò certamente io!). Saluti Salvatore

Salvatore - Thu 23/03/2006 or 20:03
Giulio, mi rendo conto che prima non ti ho risposto esaurientemente, ma andavo di fretta. Provo adesso a spiegare con più calma come la penso a proposito del mercato del lavoro. Fino a pochi anni fa abbiamo avuto un mercato del lavoro assolutamente rigido e ingessato. Il giovane appena diplomato o laureato partiva alla ricerca del posto sicuro, e dopo qualche mese o qualche anno, (e a volte grazie a qualche raccomandazione non sempre gratuita e disinteressata) accedeva all’agognato posto sicuro. Il posto era sicuro perché tanto non esisteva il licenziamento, e poi non c’erano obiettivi da raggiungere, non c’erano bilanci da pareggiare. Vivevano ancora nell’illusione che le larghe spalle di Pantalone avrebbero potuto (e dovuto!) farsi carico di tutto e di tutti. Ma con la sicurezza economica però sopraggiungeva presto l’apatia. Condannato allo stesso posto per il resto della sua vita lavorativa, spesso privo di qualsiasi stimolo di carattere professionale e di incentivo carrieristico, il nostro giovane tirava presto i remi in barca e si rassegnava ad una vita grigia fatta di giorni tutti uguali, nello stesso ufficio, con le stesse persone, a fare gli stessi discorsi, ad affrontare gli stessi problemi col vicino di scrivania …che fuma …o che gli puzzano i piedi, col capo ufficio che mobbizza etc. Prigioniero del posto sicuro, il nostro si trascinava di giorno in giorno finché, non più giovane, andava in pensione, avendo rinunciato al piacere di appassionarsi a qualcosa, di mettersi in discussione, di lottare per ottenere un obiettivo, avendo rinunciato insomma ad una vera vita lavorativa …avendo rinunciato ad una vera vita! Questo sistema, dannoso per i singoli è stato deleterio per le aziende e per l’Italia tutta. Con una forza lavoro pigra e demotivata il nostro paese non poteva che avviarsi allo sfacelo. Con un’economia mai decollata, reduci di un benessere fittizio ed effimero ottenuto ipotecando il futuro delle generazioni a venire eravamo al punto di rottura. Ciò nonostante ci siamo ostinati a difendere l’indifendibile, ci siamo intestarditi a dire di no all’abolizione dell’art. 18, alla flessibilità, alla meritocrazia, insomma ci siamo rifiutati di trasformarci in un paese normale e a rinunciare finalmente al nostro sogno impossibile: solo diritti, niente doveri. Così, più per istinto di conservazione che per scelta cosciente, il mondo del lavoro ha abolito di fatto il posto sicuro e ha trasformato gli italiani in precari a vita. A volte chiedo ai miei colleghi precari che difendono l’art.18 a spada tratta, se si rendono conto di essere i martiri di questa legge iniqua, le vittime sacrificali dell’ultima generazione arroccata sugli spalti del posto sicuro. Se l’Italia fosse un paese normale, con un mercato del lavoro normale, per quale motivo le aziende non dovrebbero, magari dopo 6 mesi di prova, assumere i lavoratori a tempo indeterminato? Ma dato che licenziare è di fatto impossibile, le aziende si stanno difendono non assumendo più e trasformando di fatto le future generazioni in precari a vita. Così nel breve lasso di due generazioni siamo passati dal posto sicuro e dalla pensione dopo 19 anni 6 mesi e 1 giorno, al precariato a vita, all’impossibilità di accendere un mutuo per la casa o di comprare una lavatrice a rate e alla prospettiva di non maturare mai uno straccio di pensione. Complimenti ai nostri sindacati. Sono riusciti a difendere gli interessi dei lavoratori e del Paese intero proprio bene! Che bella vittoria di Pirro aver salvato l’art. 18. Salvatore

Salvatore - Thu 23/03/2006 or 21:23
Ah, poi mi chiedi che c’azzecca l’evasione fiscale col posto sicuro. La ritenuta alla fonte, è vista da molti come una stortura, un’ingiustizia, una specie di pizzo, una sorta di effetto collaterale indesiderato del “posto”. Ingiustizia che si tenta di annullare, o almeno contenere, con mille piccoli trucchi e furberie quotidiane (ad esempio cercando di non pagare l’IVA). Salvatore

davide - Thu 23/03/2006 or 21:54
Totalmente inutile... 3 miliardi buttati nel cesso... e io pago! Potevano spenderli per fare nuove piste ciclabili, non per realizzare piste ciclabili dove già ci sono... MA lo sanno che al margine di via del Lido ci sono delle scoline e degli accessi privati a delle ville con ampio giardino? E anche se sono poche, i proprietari che faranno lo slalom tra i new jersey per entrare nei cancelli? DAVIDE

davide - Thu 23/03/2006 or 21:59
Ma pensa tu, vanno ad allargare marciapiedi, sposare pali della luce, cose da pazzi! E dove ci sono le scoline? A già le tombineranno, a Zaccheo gli piace tanto tombinare scoline e canali! Non serve DAVIDE :roll:

giucap - Fri 24/03/2006 or 10:09
Salvatore, ripeto la mia domanda originaria: ma siamo sicuri che tutto questo sfacelo generalizzato derivi dall'Art. 18? Ma come mai la furbizia si annida solo nei lavoratori dipendenti e non negli imprenditori? Forse per una presunzione di eticità nei comportamenti di questi ultimi? Purtroppo non posso confermare il quadro a tinte fosche che tu disegni. Lavoro da vent'anni nella stessa società, sono entrato da neo-laureato ed ora ricopro il ruolo di responsabile dell'ufficio. Si tratta di un'azienda molto dinamica, che compete sul mercato internazionale dove ricopre un ruolo di riconosciuta eccellenza. Tremila dipendenti a tempo indeterminato più molti altri a progetto (soprattutto nei paesi di realizzazione delle commesse); ci sarà pure qualcuno che ha tirato i remi in barca, ma ti assicuro che se la situazione fosse generalizzata avremmo chiuso da un pezzo. La differenza tra classe produttiva (imprenditori e popolo delle partite IVA) e altri l'ho già sentita e non mi è piaciuta affatto. Nei mitici anni ottanta, con l'economia che andava a mille (drogata anche dalle svalutazioni competitive), i nostri cari imprenditori si sono portati i soldi in Svizzera, invece che investire in innovazione. Oggi ci ritroviamo indietro, a competere su mercati maturi ed a maledire la Cina che noi stessi abbiamo voluto nel WTO (vedendola in modo miope come semplice mercato di sbocco) o l'Euro che ci impedisce il dumping valutario. Come vedi generalizzo, così forse ci capiamo meglio. Andare a cercare il pelo nell'uovo dell'eventuale evasione dell'IVA da parte dei dipendenti (ma quale, forse quella che evadono in contemporanea i piccoli artigiani? e quanto pesa questo sul totale?) sembra sottacere lo scandalo tutto italiano di un'evasione pressocché generalizzata delle cosiddette classi produttive: basta analizzare le entrate per vedere il peso del lavoro dipendente sul totale delle imposte sul reddito! Ci sarebbe molto altro da dire sull'eventuale abrogazione dell'Art. 18 e sull'uso strumentale che si potrebbe fare del diritto al licenziamento senza giusta causa, a meno che non si creda nel dogma della bontà (eticità, efficienza, o come ti pare) degli imprenditori in quanto tali. Mi sembra però che ci stiamo allontanando sempre più dal tema del forum, e Davide implicitamente ci ha richiamato all'ordine. Per cui dico la mia da profano sulla pista ciclabile Latina-Lido: FAVOREVOLE. Non conosco problemi tecnici di scoline o altro, ma sostenere che due strisce gialle, che in passato delimitavano la corsia di emergenza, si siano magicamente trasformate in piste ciclabili per averci disegnato ogni tanto una bici .... beh, ho sempre pensato che fosse una presa per i fondelli! Secondo me la pista o è separata dalla viabilità ordinaria o non è. Un caro saluto Giulio

giucap - Fri 24/03/2006 or 10:15
Mi scuso con tutti. Pensavo di essere sul forum della ciclabile, tanto eravamo fuori tema!! Comunque chiamo in correo Davide, che nei suoi due ultimi messaggi mi sembra si riferisse alla pista ciclabile (o ho capito male?) :-)

Salvatore - Sat 25/03/2006 or 22:10
Sì Giulio, effettivamente siamo andati un bel po’ fuori tema! Comunque io la prima volta avevo tirato fuori l’art. 18 a mo’ di esempio, ...uno dei mali del nostro Paese. Accanto a questo ce ne sono tanti altri, non ultima una classe imprenditoriale rapace e incapace, più propensa a ricercare gli aiuti statali che a fare ricerca e sviluppo, restia a svolgere la loro importante funzione sociale. Per non annoiare ulteriormente gli altri utenti possiamo continuare il discorso davanti a una pizza, a Latina o a Milano. Un caro saluto. Salvatore


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