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Anonimo
Inviato il: 15/4/2011 6:36
Re: Qualche riflessione

Egregio Gianbo, la ringrazio perché, avendomi con la sua sollecitata ad una risposta, mi permette di riportare l’attenzione su quello che voleva essere l’oggetto della mia riflessione che, come si evince dal suo post, non è stato neppure considerato . A me, in questo caso, non interessa la riflessione su  Grillo in sé o sul movimento 5 stelle , mi interessa l’affermazione a lui attribuita (?) sulla vicenda “migranti”  che io trovo assolutamente inquietante perché, ancora una volta,  pone una questione squisitamente di sopravvivenza di  PERSONE, come un problema “burocratico” da risolvere, per salvaguardare la “tenuta” di  qualcosa  che definisce “Stato”, come fosse un’entità che possa prescindere dagli esseri umani e/o fare dei distinguo fra chi ha diritto di vivere e chi può/deve arrangiarsi  altrove che qui.  Detto questo, che è quello che mi premeva rimarcare, mi permetta di dire, e questa è la mia personalissima opinione, che io su un “collante” così rifletterei un attimo. Auguri per il prosieguo…



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renatosd
Inviato il: 23/4/2011 11:06
Registrato: 7/2/2006
Da: q5
Messaggi: 1111
Re: Qualche riflessione

Volevo condividere anche con voi queste note che ho postato sulla mia pagina facebook:

Riflessioni sparse su Lassini, le Br, Berlusconi, la magistratura e la Sinistra

Quanto è successo a Milano con i manifesti -evidentemente- commissionati da Berlusconi mi ha fatto molto riflettere in questi giorni e mi ha riportato a qualche anno fa.

Era la fine degli anni ’70 una famiglia la mia, benestante e non sarebbe potuto essere altrimenti con un padre magistrato. Fino ad allora non avevo il senso pieno delle tensioni circostanti, sociali e familiari, non avevo il senso pieno di una vita a fare traslochi, di quel girovagare quasi schizzato tra varie località del Centro sud in un andirivieni di vai e torna che ricorda molto il personaggio di Choccolate …Pisticci, Fondi, San Giorgio a Cremano e poi Sperlonga (dove ho avuto la residenza ufficiale per anni pur essendone sostanzialmente un villeggiante, a parte un anno) e ancora S. Maria Capua Vetere e poi Latina come approdo definitivo.

Una famiglia ordinaria e sconclusionata allo stesso tempo, dove si mangiava pane e diritto ogni giorno. Il Diritto vissuto quasi come un ossessione integralista … lo stato di Diritto come faro di ogni azione quotidiana anche la più banale, dal rifiutare il prosciutto  o il cestino natalizio che arrivava con il corriere, dai discorsi a tavola sul perché la verità processuale, seppure non è quella reale, non può essere messa in discussione altrimenti viene giù ogni fondamento. Nel contempo, piano piano prendevo coscienza di quanto era devastante per lui dover condannare/assolvere sapendo che la verità della vita reale era un'altra, che il giudizio morale era altra cosa, il dover vivere la sua rabbia nel vedere i colleghi che si sottomettevano a poteri “altri”, la massoneria o anche a “semplici” cedimenti ad interessi privati. In questo quadro la televisione iniziava a mandare i bollettini degli assassini di Magistrati da parte delle Br, ma sembrava ancora molto lontano o forse lo era per me, tutto preso dal dover ancora una volta ricominciare a costruire amicizie ex novo a pensare chi ero e qual’era il mio posto nel mondo, senza una città natale, senza amici di infanzia, senza un dialetto. Giù ero l’alieno che a scuola parlava solo l’italiano, con la macchina targata LT non si sa perché, quello che alla quotidiana partita di calcio sui quadroni di basalto del piazzale della stazione non imprecava in dialetto e non tifava Napoli; ma su invece ero il napoletano che diceva Nutella con quella strana inflessione. C’era una strana tensione a casa, non capivo, sarà che mio padre non è mai stato un gran coraggioso, aveva rifiutato l’incarico a Roma nel Penale e tutto sommato si era sempre rifugiato nel ruolo Civile o almeno ci ha provato. Il processo per Stupro andato in televisione (quello spesso confuso con la strage del Circeo) già lo aveva sconvolto abbastanza. Doveva essere pesante applicare un codice che prevedeva ancora lo stupro come delitto contro la morale e dover giustificare a se stesso che non vi era alternativa, che la politica doveva andare oltre, ma in aula non si poteva surrogare il diritto con il principio morale e la battaglia Civile … che non si potevano fare strappi, forse non aveva neanche la coscienza di quanto poi sarebbe stato significativo quel processo in quel senso o lo ha capito dopo. Ma era pesantissimo reggere il dibattito nazionale che in un certo senso, anzi diciamolo pure sbertucciava apertamente quei giudici parrucconi, che chiedeva a gran voce l’applicazione di una volontà popolare assente dai codici, cosa per lui inammissibile e inconcepibile.

In questo quadro, in quei giorni coglievo un ansia ben superiore  alla normalità già di per se anormale, finché un giorno alzo la cornetta di uno squillo ordinario, di un telefono grigio ordinario con quel disco coi buchi ordinari ed una voce, senza cogliere dall’altra parte del filo la voce di un tredicenne ordinario, mi pronuncia una sentenza di Morte secca, perentoria e senza diritto di replica: “Farai la fine di Alessandrini”.

Ora era tutto molto più chiaro … ora erano entrati in casa, le immagini in bianco e nero dei corpi tra il marciapiede e le automobili crivellate, non erano più solo l’intermezzo tra Non Stop, Stefania Rotolo e la girella del golosastro. I giorni seguenti: un inferno; il telefono sotto controllo, il terrore nei suoi occhi, i poliziotti a casa. Vederlo sotto casa prelevato dall’auto Blindata (credo fosse un Argenta … di sicuro una di quelle terribili ammiraglie Fiat) che solo per aprire lo sportello ci voleva mister muscolo, essere accompagnato a scuola su invito degli agenti. Poi la scelta di rinunciarvi perché quei ragazzotti al volante non c’entravano nulla e comunque era chiaro che non serviva a nulla. Poi ancora la sparatoria alla stazione di Latina, la bomba sotto la macchina della moglie del collega … era chiaro che se fosse stato il caso era meglio non far deviare il bersaglio su moglie e figli. Poi gli anni sono passati, è arrivata l’adolescenza, la coscienza politica, ma a casa mia non potevano, non dovevano, esserci tessere di partito. Quando qualcuno si premurò tramite i vari comandi di polizia di far sapere a mio padre che uno dei miei fratelli era stato segnalato all’Università tra i collettivi di Democrazia Proletaria fu un inferno. Certo l’eco di Marco Donat Cattin era ancora vivo ma tutto questo a noi sembrava un po’ eccessivo, eppure da quel giorno il patto familiare è stato rispettato, almeno da me si. Io la tessera col PCI l’avrei anche fatta negli anni ’80 (e non vado oggi a rinnegare quel che sicuramente avrei fatto) ma ho potuto fare solo quella con i DS nel ’98 a 34 anni e forse non è stata la stessa cosa, sebbene anche in quell’ambiente un certo settarismo non vedeva di buon occhio il figlio del “padrone” con la pancia piena mischiato con chi aveva provato la fame, come se la compenetrazione e la fame di giustizia sociale si misurasse solo nel portafoglio, insomma non avevo proprio i requisiti del rivoluzionario.

Nel frattempo per casa mia sono passati tanti processi la Strage dell’Italicus, il Vaticano contro Playboy (ricordo bene la paginona centrale ancora più che la contestata foto di Wojtyla oggetto di causa) le cosche della Ndrangheta, il caso Carlotto che lui ha sempre ritenuto colpevole in punta di Diritto ma assolto a furor di popolo per mezzo di una trasmissione di Mixer la sera prima della sentenza che già annunciava lo scandalo di un eventuale condanna … una intimidazione mafiosa a mezzo RAI in piena regola che ha sortito l’esito voluto sul collegio giudicante. Ma il clou ci fu con la sentenza finale di Condanna nel processo Sofri che ha segnato forse la massima crisi delle certezze paterne sul potere giudiziario … allora l’ho visto davvero vacillare, è stata la prima e anche l’ultima volta che ha commentato in TV un suo processo, sebbene poi non abbia avuto il coraggio di esplicitare la sua posizione, se non per chi poteva comprendere il senso della sua presenza li. Quando rivedo quel servizio al TG1 ancora mi sconvolgo perché era totalmente fuori da se, da quello che era stato fino ad allora nelle vesti di Magistrato… occhi bassi, incassato era quasi deformato, con alle spalle – volutamente- il suo quadro di denuncia sui poteri e quelle maniche del prelato che si fanno parole crociate …  in quei giorni pensavo che non ne sarebbe sopravvissuto. Ma i giudici avevano già smesso da tempo di fare i Giudici, la guerra dei poteri era solo giunta al suo culmine e lui era l’incomodo non assoggettato, l’elemento fuori posto trovatosi li inspiegabilmente per meriti non stabiliti dal potere politico (presto questo non sarà più possibile o forse non lo è già più) … una sorta di ultimo dei mohicani rompicazzo integralista del Diritto. Quella concezione del Diritto è finita, la pena ora anche da noi è vendetta, come negli USA dove i parenti delle vittime si godono lo spettacolo dell’esecuzione e tutto ha senso se passa il vaglio degli esperti di Porta a Porta, plasticomuniti.

E la Sinistra? Se la P2 e certi poteri arruolavano toghe, perché lo hanno fatto per anni, molto più che ora ma anche molto più intelligentemente mantenendo il riserbo, la sinistra aveva già commesso quell’errore imperdonabile di combattere con le medesime armi ma inspiegabilmente a volto scoperto, delegittimando definitivamente ed irreparabilmente un’intera istituzione. Gli Ajala e i Violante prima … passando per Di Pietro, arrivando a De Magistris e tutti gli altri dopo, hanno minato definitivamente quella concezione morale di Magistratura ed hanno involontariamente legittimato i veri Brigatisti contemporanei, Berlusconi & co., a compiere il disastro totale che è sotto i nostri occhi.

Domani Lassini verrà eletto a furor di popolo bue, quello che, ingiustizia per ingiustizia  consuma le vendette nelle piazze, ma cosa dovevamo aspettarci? Credo che sia l’ora di riprendere un serio dibattito sulle responsabilità, sulla storia morale di questo paese, di ripercorrere le storie personali di chi la storia l’ha fatta e l’ha determinata; Quando Lassini, più che braccio armato semplice mandatario e prestanome del premier, mette quei manifesti io mi indigno perché sono colpito in prima persona, penso a chi ha subito quella storia di terrore familiare ben più di me, che pure l’ho comunque vissuta, subita e pagata. Oggi mi sento profondamente offeso ma ho ben chiaro chi sia il mandante ed ho ancora più chiaro chi siano i responsabili ed i corresponsabili; ora ho chiarissimo il perché questo può accadere in Italia. Ho ben chiara la differenza tra giudizio morale e giudizio penale ma oggi anch’io faccio fatica, vacillo nel riconoscere che in uno Stato di Diritto la prescrizione restituisce al mondo una persona Innocente fuori da ogni dubbio, pur ed anzi soprattutto quando quella persona -indecente sotto ogni profilo morale- ha determinato caparbiamente la scadenza dei termini o peggio ha cambiato le leggi per eliminare il reato e/o cambiarne i tempi di prescrizione. Faccio una fatica enorme ma lo devo fare lo stesso, lo dobbiamo fare, la sinistra lo deve fare se no gioca una partita dove ognuno gioca con le sue regole, dove queste cambiano a partita iniziata, dove queste vengono dettate dai Sallusti o dai Travaglio … e a leggere il Fatto Quotidiano di oggi si deve avere la forza e l’onestà di riconoscere la pericolosità di quel terreno di gioco, sia che si tratti di Boffo o di Remigio Ceroni che “ieri picchiava la moglie, oggi riforma la costituzione” perché se ha picchiato la moglie e deve essere condannato lo decide il Tribunale, se lo condanna paga la pena, se la pena prevede che sia interdetto dai pubblici uffici non può stare dove sta e non può riformare la Costituzione, ma se non è così, se non è colpevole, se ha espiato, se può proporre quelle modifiche allora interroghiamoci del perché un soggetto del genere può accedere a quelle cariche e facciamo in modo che non accada, ma se accade discutiamo della riforma costituzionale nel merito non trasformando ogni cosa in Amici di Maria con la squadra A e la squadra B.

Oggi faccio una fatica enorme a riconoscermi in una sinistra dalle due morali, quella pubblica di facebook e delle sale grandi dei congressi dove si predica il giusto ma che è ben diversa da quella privata che si gioca nelle meschinità delle sedi e nelle salette a latere dei congressi; che gioca con le persone, con la storia delle persone, che non ne valuta le doti morali, politiche le cose fatte dette o scritte, non valuta cosa si debba migliorare nell’azione politica, non impara dagli errori che pure fanno parte delle esperienze, ma pesa le tessere e gli atti di sudditanza al padroncino di turno, che manda sicari di infimo spessore a sentenziare qual è il tuo posto. Ammassi di carogne ignoranti che sgomitano come bestie inferocite per mettersi la spilletta di dirigenti de ‘sto cavolo stilando sulla carta dei congressi le loro liste di appartenenza ad aree che assomigliano molto più a liste di proscrizione. Ciechi stupidi che vanificano il lavoro di costruzione di mesi … anni per la medesima vanità che mostrano i concorrenti del Grande Fratello. Giovanottini implumi, poco più che ventenni già ben addestrati con un sorriso candido sotto il quale si cela l’arroganza dei rais senza più neanche il coraggio di guardarti in faccia, che vaneggiano di rinnovi generazionali e sono nati già morti e putrescenti e non valgono neanche uno sputo di Enrico Berlinguer;

Costoro, forti solo dell’investitura del padroncino romano dettano -famelici- le liste dei delegati ben attenti che niente sfugga al controllo Fedeltà, come fanno i capi famiglia contano col pallottoliere chi ti “appartiene” e chi no. Sono gli Amministratori e i Legislatori di domani? È questa la nuova Sinistra che avanza? Scusate ma io Obietto … io mi rifiuto!!! E per favore non parlatemi di codardia, nessuno mi venga a dire che ho sbagliato ricordandomi slogan dal vago sapore che una volta, noi, definivamo fascisti  … perché “chi si estranea dalla lotta è un gran fijo de ‘na…” che “boia chi Molla” …  scusatemi ma ho la presunzione di riconoscere altri valori, di credere che abbia ancora un senso alto il gesto del  rifiutarsi … dell’opporsi con la disobbedienza passiva (solo in apparenza) quella di Ghandi e di altri grandi maestri della storia. Rinunciare a partecipare ad una competizione elettorale non è ammesso? E chi lo dice … io l’ho fatto se avessi voluto avrei potuto candidarmi, con questo o con quell’altro magari anche con più di qualche chance, ma quale sarebbe stato il senso.

A dire il vero un dubbio mi assale, ed oggi è quasi una certezza, sapranno capire questi signori? … chissà .. non credo … “uno di meno” per loro è solo una conquista, ma per fare che cosa? E allora, scusate, ma oggi mi offende di più questa sinistra sorda, bugiarda e spacciatrice di sogni che il Caimano e il suo circondario di nani e ballerine, da loro so bene cosa aspettarmi, conosco il loro disegno, basta leggere Propaganda 2, e tutto è lapalissiano, ma da questi mentecatti della politica “nuova” cosa dobbiamo aspettarci? cosa vogliono? La poltroncina? Ma prego … asseje vous, quando ho detto che volevo servire intendevo essere utile non essere servo …

Ci sarà ancora in giro qualcuno che vorrà opporsi a questo modo di intenderla la politica?

Sto aspettando ma invano … fatto sta che oggi non ho più una tessera ma è un po’ diverso da qualche anno fa …

Renato Malinconico

 

 




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La stupiditą e la disonestą dei nostri nemici non deve essere una giustificazione della nostra cecitą (Lev Trotsky)

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massimo74
Inviato il: 25/4/2011 20:46
Registrato: 21/1/2007
Da: Latina
Messaggi: 509
Re: Qualche riflessione
Ottime le considerazioni di Renato, che partendo dal materiale arrivano a lambire la filosofia. Quando si scende in fondo a fare i conti con l’“uomo e la sua anima” si arriva a questo e molto di più. La storia a tal proposito è  maestra grande di dura e triste verità.





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Guglielmo
Inviato il: 27/4/2011 2:02
Registrato: 2/4/2011
Da: Latina
Messaggi: 56
Re: Qualche riflessione

Rivoluzione culturale

È giunta l'ora della rivoluzione culturale
 
Sinossi (per i più pigri, quali il crippa):
Martin Luther King affermava necessario rimboccarsi le maniche per divenire fautori del cambiamento, le singole persone saranno in grado di autodeterminarsi consapevolmente.  E' necessaria una rivoluzione culturale. Questa rivoluzione deve partire dalle sedi in cui si forma il cittadino e l'uomo, in primis la scuola. Si sostanzia a partire dai piccoli gesti e dalle piccole rivoluzioni individuali. Rifiutando individualmente i malcostumi e i valori imposti dal sistema si provocherà pian piano una sua trasformazione. Bisogna opporsi al sistema delle clientele e delle raccomandazioni, alla logica del più furbo, al sistema degli schieramenti contrapposti, alla logica della scorciatoia ad ogni costo,  non è necessario che tutti gli italiani divengano leader, "sii il meglio di ciò che sei". È compito dei giovani, quindi, rimboccarsi le maniche e dimostrare di essere in grado costruire un sistema diverso.
 
 
Martin Luther King, una delle maggiori personalità del '900, affermava che l'ora più buia della notte è sempre quella che precede le prime luci dell'alba. Un messaggio di speranza che serviva a destare i corpi e le menti stanche dei suoi sostenitori nei momenti più duri della battaglia per i diritti civili. Contestualmente, però, spingeva la società civile verso una maggiore consapevolezza e responsabilità. Non era sufficiente capire che il sistema vigente andava cambiato, ma era necessario rimboccarsi le maniche per divenire fautori del cambiamento.

La metafora del martello e dell'incudine è uno dei più importanti insegnamenti lasciatici da King. I singoli individui devono divenire martello e plasmare l'incudine della nuova società, del nuovo sistema. In caso contrario, il vecchio
sistema, fattosi martello, plasmerà l'incudine rappresentante gli individui, in modo da preservare lo status quo vigente. In tal modo, le singole persone, assuefatte, e plasmate in modo conforme alle regole cristallizzate del vecchio sistema, non saranno più in grado di autodeterminarsi consapevolmente.

La società italiana sembra ormai vagare da anni tra le ore più buie della notte, senza che sia possibile prevedere quando sorgeranno le prime luci dell'alba. La vivacità culturale dei primi anni settanta, e dei giorni successivi alle stragi di mafia degli anni novanta, è andata pian piano scemando, lasciando il posto ad un conformismo deleterio. Il martello del vecchio sistema ha plasmato gli individui in modo da preservare la sua sopravvivenza.

La logica degli schieramenti opposti, in perenne guerra, ha svuotato ulteriormente la società civile della sua linfa vitale. In questi giorni si ha l'impressione che gran parte della società civile abbia rinunciato a pensare autonomamente. Si limita ad opporsi alle idee e le iniziative della fazione opposta, ed a appoggiare con ogni mezzo ed energia le azioni della propria fazione. I contenuti non hanno più importanza. Per la logica del tifoso,
l'importante non è progredire ma vincere contro tutti e tutto. Di conseguenza, le riforme più disastrose vengono accolte con fanfare solo perché proposte dalla propria fazione. Le innovazioni (a dir la verità esigue e in progressiva scomparsa), invece, vengono ostracizzate per il sol motivo di essere state proposte da un gruppo di colore opposto.

È palese come questo sistema conduca ad un'involuzione cieca della società. Per questi motivi, è necessaria una rivoluzione culturale che permetta alla società italiana di intravedere le prime luci dell'alba. Questa rivoluzione deve partire dalle sedi in cui si forma il cittadino e l'uomo, in primis la scuola. È assolutamente necessario ri-insegnare agli italiani a pensare con la propria testa. Solo in questo modo sarà possibile risvegliare una società civile addormentata, e rivoluzionare una scala di valori imposta da un sistema inadatto.

La rivoluzione culturale è una rivoluzione particolare. Non necessita di armi, truppe o munizioni. Si sostanzia a partire dai piccoli gesti e dalle piccole rivoluzioni individuali. Rifiutando individualmente i malcostumi e i valori imposti dal sistema si provocherà pian piano una sua trasformazione.

È necessario compiere azioni non perché conformi al pensiero dei più o favorevoli ai propri interessi, ma perché intrinsecamente giuste. Bisogna opporsi al sistema delle clientele e delle raccomandazioni, alla logica del più furbo, al sistema degli schieramenti contrapposti, alla logica della scorciatoia ad ogni costo, e non diventarne partecipi. Per portare a termine una rivoluzione culturale, non è necessario che tutti gli italiani divengano leader politici, giudici, dottori, o intellettuali. King affermava, "sii il meglio di ciò che sei": il miglior operaio, il miglior politico, il miglior dirigente, il miglior studente, il miglior contadino, ecc...

Un ruolo fondamentale all'interno di questa rivoluzione è rivestito dalle giovani generazioni. Esse si pongono in bilico tra il tramonto del vecchio sistema e l'alba del nuovo. Non possono, però, permettersi il lusso di lasciarsi
cullare dalle lusinghe del vecchio regime, ma devono essere i fautori ed il motore del cambiamento. Devono annunciare e mostrare a tutti le prime luci dell'alba.

Oggi, però, corriamo il rischio di creare nuove generazioni non educate al sacrificio, ma destinate ad enormi sacrifici al fine di ottenere anche il più piccolo risultato. È compito dei giovani, quindi, rimboccarsi le maniche e dimostrare di essere in grado costruire un sistema diverso.

Solamente alla fine di questa difficile rivoluzione potremo tornar a "rimirar le stelle".
 
Davide Pugliese - 25 Aprile 2011
 
 





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Guglielmo
Inviato il: 27/4/2011 4:53
Registrato: 2/4/2011
Da: Latina
Messaggi: 56
Re: Qualche riflessione

Il ricordo del grande Pastore battista M.L.K. mi era è affiorato molto prima di questo articolo, proprio in questi giorni tristi e bui, più sotto è spiegato meglio il perché (1).

L'atmosfera in occasione delle elezioni dovrebbe essere di festa (come è stato per gli alpini), di gioia per la possibilità concreta che ci è concessa di cambiare, di plasmare il nostro futuro, se ci guardiamo dentro sappiamo che molte volte abbiamo sprecato questa opportunità, non l'abbiamo onorata. Forse per poca memoria o per scarsa lungimiranza, forse a causa delle "corse quotidiane" ad inseguire.. (ma cosa?) abbiamo dimenticato di averla eredita da chi ha dovuto battersi a sangue per ottenerla. E' per questo che la diamo per scontata?

Rinnovo, nuove idee, nuove speranze, nuovi sogni, cambiamento, le elezioni rappresentano questo fattivamente, certo è solo l'apice, il momento finale. So bene anche  che è tutto mortificato dallo squallore dei manifesti dei candidati e dalle facce toste che emergono, dalle loro dichiarazioni talmente banali, spudorate e contorte da essere offensive della nostra intelligenza, dalla rassegnazione che vige suprema nella parole della gente oramai cinica che ha perso la speranza, dai leccapiedi che galoppano tutto il giorno corteggiando chi capita e promettendo di tutto e che appena ti giri calpestano ogni legge morale e civile.

Nonostante tutto ciò voglio dirvi che IO NON MI RASSEGNO, ONERERO' IL MIO DIRITTO DI SCELTA.

Il voto è parte della mia vita, la vita civica, ma non è tutto qui, vi è anche una "costante propedeutica", le nozioni basilari, la genesi. Anche a Latina è possibile una vita migliore, anche quando (come ora) l'economia non è prospera e parlerò di alcuni fatti personali solo per confermare che vi è stata questa città, e non mi riferisco a Pennacchi o alla bonifica, ma a molto dopo, a poco tempo fa, in tempi di risorse scarse (non solo per me) e quindi con meno mezzi di oggi. Potrebbe essere proprio questo uno dei problemi, i "troppi mezzi"?

Ho avuto la grande fortuna di essere allievo di una scuola davvero speciale (1) a Latina, non la Scuola Parificata Preziosissimo Sangue, la "cattolicissima" scuola privata ove ho frequento le elementari (chiarisco subito che non sono contro le scuole private o cattoliche, riporto semplicemente la mia esperienza), ma la più "banale e pubblica" Scuola Media Statale G. Cena, metà anni '70, altri tempi, davvero diversi. Avrei voluto "cristallizzarla" per i miei figli. Professori davvero ispirati, governati (meglio sarebbe dire orchestrati) maestosamente dall'indimenticabile Preside, il Prof. Sebastiano Ripepi. Non era un caso, ognuno faceva la sua parte, qualsiasi fosse la disciplina, da italiano a matematica da educazione civica a latino o musica, tutti "suonavano lo stesso spartito". Ricordo l'armonia del programma, il suo alto valore, il suo intersecarsi tra le materie con argomenti che andavano dai Beatles a J.F. Kennedy e M.L. King, dal canottaggio (praticato) alla poesia di Neruda, non si capiva più a quale materia appartenesse l'argomento trattato, persino il mitico Prof. Ciarla (matematica), appassionato di moto a cui tutti noi maschi eravamo ovviamente molto interessati, riusciva a fare richiami di educazione stradale (guida) o filosofia o grammatica e italiano (genesi delle parole), era speciale nel farti amare la matematica perche l'amava davvero, ma tutti amavano la vita e l'insegnamento, non era un mestiere come un altro. Non posso non citare (non ricordo tutti i nomi, chi mi aiuta?) un altro professore, Piredda (educazione fisica) materia oggi di fatto rilegata e mortificata a "due calci al pallone", grazie a lui e al CONI di allora praticammo sport ancora oggi non praticabili a Latina neppure a pagamento. Da lui imparammo il valore della attività fisica, dello sport ma anche della competizione, io non saprei dirvi come ti entrano dentro certi insegnamenti so solo che vivendoli "diventi", ti mutano. Mancava educazione sessuale a cui eravamo tutti molto interessati, ma tantè... ci siamo arrangiati

Auguro ai miei figli, ai NOSTRI FIGLI che possano trovare la stessa magia, ma non per incanto, LAVORANDO ASSIEME PER SCOVARLA (Rinascita Civile?). Sono certo che vi è ancora, nascosta, sommessamente ritiratesi per pudore, mortificata  per un malinteso senso di modernità, di moda, di praticità o altro.

Un cittadino qualunque che ha smesso di nascondersi.







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Guglielmo
Inviato il: 28/4/2011 2:34
Registrato: 2/4/2011
Da: Latina
Messaggi: 56
Re: Qualche riflessione
 
SEMPRE DELLA SERIE: cosa fare con coraggio per cambiare le cose....
 
 
Fare una telefonata è da mafiosi

Vorrei che fosse chiara una cosa. Alcuni, tra i commenti postati su questo blog, sul Fatto Quotidiano e su Facebook, in buona fede mi incoraggiano sostenendo che avere il blog aiuterà a risolvere prima e meglio "il mio caso". Questo è esattamente l'opposto del proposito con il quale sto raccontando quello che accade ad un paziente qualunque, in un ospedale qualunque di una qualunque grande città.

Se avessi voluto "risolvere il mio caso", avrei fatto una telefonata. Perché è così che le cose funzionano in Italia: fai una telefonata alla persona giusta (e qualche numero in rubrica me lo sono fatto) e tempo 24 ore hai tutte le attenzioni del mondo. Invece io ho scritto una lettera aperta.

Perchè si sa: così fan tutti! Abituato a non avere diritti, ad essere sopraffatto dalla legge del più forte, a soccombere, a farsi da parte al cospetto di cittadini più uguali degli altri, l'italiano cerca disperatamente agganci, maniglie, escamotage, qualunque sotterfugio possa consentirgli di uscire vivo da un sistema improntato al clientelismo, ai favori personali, al potere gestito per elargire prebende e non per garantire diritti. Poi, una volta ottenuto al prezzo del servilismo più umiliante e indecoroso il suo "risultato personale", anziché vergognarsene passa addirittura al bar a vantarsene con gli amici. Racconta delle sue conoscenze e di come abbia, grazie a loro, "risolto il suo problema", esattamente come fanno i pescatori che si vantano di avere tirato in secca il pesce più grosso.


Ecco come siamo: deboli, vigliacchi, spaventati al punto da apparire come Benigni e Troisi che scrivono la lettera a Savonarola, "sempre con la faccia sotto ai tuoi piedi", pronti a rinnegare pubblicamente i nostri stessi diritti per poi cercare di riacquisirli pagandoli due volte, una con le tasse e una con la mercificazione della nostra dignità.

Scrivendo sul blog, io al contrario ho scelto di essere cittadino qualunque; di quelli che per quanto si sforzino proprio non riescono a tirare fuori un solo nome interessante che sia uno dall'agenda telefonica; di quelli che se gli va di #CENSURA# trovano di fronte a sé una persona per bene, o uno #CENSURA# che però quel giorno lì, magari perché ha appena avuto una buona notizia, si sente buono e perfino generoso al punto da far loro passare come un favore quello che in realtà fa parte delle normali spettanze; di quelli che in uno stato di diritto chiedono il rispetto dei loro diritti solo quando ogni altro sotterfugio si rivela fallimentare.

Ogni approccio difforme è un approccio mafioso. Quindi resto qui, non tanto in attesa di una risonanza magnetica pur necessaria dopo 10 giorni di ricovero d'urgenza (*) ma più che altro di ottenere la "giusta considerazione" da parte del sistema ospedaliero. Voglio vedere se un paziente che non ha nessuno, che affronta la sua degenza in solitudine, che non può permettersi di sguinzagliare parenti furibondi al perenne inseguimento di infermieri sfuggenti, di medici indaffarati e di primari frettolosi su e giù per i corridoi dei reparti e per le scale di raccordo - perché un ufficio non ce l'hanno o perché lo tengono riservato - possono avere l'onore di sperimentare un sano rapporto "medico-paziente" per almeno cinque minuti della loro permanenza. Voglio vedere se e quando finalmente un medico si siederà accanto al mio posto letto per conoscermi, magari presentandosi, qualificandosi come punto di riferimento, come figura di raccordo stabile e rassicurante nel comprensibile trambusto di un reparto ospedaliero, scusandosi a nome della struttura per eventuali disguidi, rassicurandomi sugli interventi correttivi in atto, magari anche, perchè no, visitandomi ed esaminando un'ipotesi articolata di trattamento e guarigione. Voglio vedere quando e se accadrà ciò che dovrebbe avvenire sempre, per tutti, senza il borsino delle raccomandazioni o la deferenza spontanea verso i degenti illustri, pratiche che non hanno nulla di diverso, in linea di principio, rispetto alla richiesta di aiuto che il bravo picciotto fa al boss mafioso per risolvere un problema che gli sta a cuore.

Tutto questo deve ruotare intorno a quel complesso di valori umani senza i quali qualsiasi servizio erogato ai cittadini è un involucro vuoto e fortemente squilibrato nei confronti dei potenti o dei servili, non meno responsabili, che con il loro vassallaggio ne perpetuano l'egemonia e l'insaziabile bramosia di predazione sociale.
 
Caludio Messora  22-04/2011
 
 






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