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Autore Discussione
Anonimo
Inviato il: 17/2/2008 15:47
Re: Italiopoli ed i costi della politica
Suggerisco di dare un'occhiata, questa sera alle 21,30, al programma "italian job" in onda sulla 7..... 

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Freddy
Inviato il: 17/2/2008 22:48
Direttore
Registrato: 25/7/2005
Da: Latina
Messaggi: 2542
Re: Italiopoli ed i costi della politica

Ho appena finito di vedere il programma della 7 : "Italian job"......sono sempre più schifato di questa politica italiana.

Aiuto !

freddy



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Anonimo
Inviato il: 18/2/2008 7:56
Re: Italiopoli ed i costi della politica

Ma perchè volete farvi male la cosa che mi vien da ridere è che a volte (ripeto solo a volte) anche chi fa queste inchieste non è esente da raccomandazioni ma sapete com'è se sei martello batti se sei incudine statti riporto un episodio inviatomi da un amico (dovrebbe essere reale io spero in una bufala )

Paolo Barnard è stato autore di alcune delle più scottanti inchieste di Report, uno dei pochi gioielli di casa Rai (RAI 3). Sparito nel nulla da un po'

Cari amici e amiche impegnati a dare una pennellata di decenza al nostro Paese, eccovi una forma di censura nell'informazione di cui non si parla mai. E' la peggiore, poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi dell'appoggio dell'indignazione pubblica, non ci si può difendere. Questa censura sta di fatto paralizzando l'opera di denuncia dei misfatti sia italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti 'fuori dal coro'.
Si tratta, in sintesi, dell'abbandono in cui i ostri editori spesso ci  gettano al primo insorgere di contenziosi legali   erivanti  elle nostre  inchieste 'scomode'. Come funziona e quanto sia  pericoloso questo fenomeno  per la libertà   di inforrmazione ve lo illustro citando  il mio caso.

Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la società civile italiana, per cui vi prego di leggere
 fino in fondo il breve racconto.  Per la trasmissione Report di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando tutto
 me stesso fin dal primo minuto della sua messa in onda nel 1994, feci fra le altre un'inchiesta contro la criminosa pratica del comparaggiofarmaceutico, trasmessa l'11/10/2001 ("Little Pharma & Big Pharma"). Col comparaggio
 (reato da art.170 leggi pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche tentano di corrompere i medici con regali e
 congressi di lusso in posti esotici per ottenere maggiori prescrizioni dei loro farmaci, e questo avviene ovviamente con gravissime ripercussioni sulla comunità (il prof. Silvio Garattini ha dichiarato: "Dal 30 al 50% di medicine prescritte non necessarie") e spesso anche sulla nostra salute (uno dei tanti esempi è il farmaco Vioxx, prescritto a man bassa e a cui sono stati attribuiti da 35 a 55.000 morti nei soli USA). L'inchiesta fu giudicata talmente essenziale per il
 pubblico interesse che la RAI la replicò il 15/2/2003. Per quella inchiesta io, la RAI e Milena Gabanelli fummo citati in giudizio il 16/11/2004(1) da un informatore farmaceutico chesi ritenne danneggiatodalle rivelazioni da noi fatte.
 Il lavoro era stato accuratamente visionato da uno dei più alti avvocati della RAI prima della messa in onda, il quale aveva dato il suo pieno  benestare. Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale. Per 10 anni Milena Gabanelli mi aveva assicurato che in questi casi io (come gli altri redattori) sarei stato difeso dalla RAI, e dunque di non preoccuparmi(2). La natura dirompente delle nostre inchieste giustificava la mia preoccupazione. Mi  fidai, e per anni non mi risparmiai nei rischi.

 All'atto di citazione in giudizio, la RAI e Milena Gabanelli mi abbandonano al mio destino. Non sarò affatto difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli sarà invece ampiamente difesa da uno degli studi legali più prestigiosi di Roma, lo stesso che difende la RAI in questa controversia legale.(3) Ma non solo. La linea difensiva dell'azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli sarà di chiedere ai giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni eventuale
 misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di sentenza avversa.(4)
 E questo per un'inchiesta di pubblico interesse da loro (RAI-Gabanelli) voluta, approvata, trasmessa e replicata.*
 *(la RAI può tecnicamente fare questo in virtù di una clausola contenuta nei contratti che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter lavorare, la clausola cosiddetta di manleva(5), dove è sancita la sollevazione dell'editore da qualsiasi responsabilità legale che gli possa venir contestata a causa di un nostro lavoro. Noi giornalisti non abbiamo scelta, dobbiamo firmarla pena la perdita del lavoro commissionatoci, ma come ho già detto l'accordo con Milena Gabanelli eramoralmente ben altro, è moralmente giusificabile l'operato della RAI in questi casi). Sono sconcertato. Ma come? Lavoro per RAI e Report per 10 anni, sono anima e corpo con l'impresa della Gabanelli, faccio in questo caso un'inchiesta che la RAI stessa esibisce come esemplare, e ora nel momento del bisogno mi voltano le spalle con assoluta indifferenza. E nonsolo: lavorano compatti contro di me.

 La prospettiva di dover sostenere spese legali per anni, e se condannato di dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi è angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi posso permettere.



 Ma al peggio non c'è limite. Il 18 ottobre 2005 ricevo una raccomandata. La apro. E' un atto di costituzione in mora della RAI contro di me. Significa che la RAI si rifarà su di me nel caso perdessimo la causa. Recita il testo:
 "La presente pertanto vale come formale costituzione in mora del dott. Paolo Barnard per tutto quanto la RAI s.p.a. dovesse pagare in conseguenza dell'eventuale accoglimento della domada posta dal dott. Xxxx (colui che ci
 citò in giudizio, nda) nei confronti della RAI medesima".(6)



 Nel leggere quella raccomandata provai un dolore denso, nell'incredulità.

 Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara estranea alla cosa. La sollecito a intervenire presso la RAI, e magari
 anche pubblicamente, contro questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte all'evidenza, la
 Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che "la rivalsa che ti era stata fatta (dalla RAI contro di me, nda) è stata lasciata morire in giudizio... è una lettera extragiudiziale dovuta, ma che sarà lasciata morire nel giudizio in corso... Finirà tutto in nulla."(7) Non sarà così, e non è così oggi: giuridicamente parlando, quell'atto di
 costituzione in mora è ancora valido, eccome. Non solo, Milena Gabanelli non ha mai preso posizione pubblicamente contro quell'atto, né si è mai dissociata dalla linea di difesa della RAI che è interamente contro di me, come sopra descritto, e come dimostrano gli ultimi atti del processo in corso.(8)
Non mi dilungo. All'epoca di questi fatti avevo appena lasciato Report, da allora ho lasciato anche la RAI. Non ci sarà mai più un'inchiesta da me firmata sull'emittente di Stato, e non mi fido più di alcun editore. Non mi
 posso permette di perdere l'unica casa che posseggo o di vedere il mio incerto reddito di freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato a me stesso da coloro che si fregiavano delle mie inchieste 'coraggiose'.
 Questa non è una mia mancanza di coraggio, è realismo e senso di responsabilità nei confronti soprattutto dei miei
 cari. Così la mia voce d'inchiesta è stata messa a tacere. E qui vengo al punto cruciale: siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo.
Ecco come funziona la vera "scomparsa dei fatti", quella che voi non conoscete, oggi diffusissima, quella dove per
 mettere a tacere si usano, invece degli 'editti bulgari', i tribunali in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti tecnicamente ineccepibili, ma moralmente assai meno.



 Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a dire il vero, operata da parte di
 chiunque venga colto nel malaffare, attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto permessa dal comportamento degli editori.
 Gli editori devono difendere i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e devono impegnarsi a togliere
 le clausole di manleva dai contratti che, lo ribadisco, siamo obbligati a firmare per poter lavorare.



 Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali dei media, che di fatto decidono quello che
 voi verrete a sapere, giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità.


 Questo bavaglio ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di qualsiasi politico o servo del Sistema.

 Posso solo chiedervi di diffondere con tutta l'energia possibile questa realtà, via mailing lists, siti, blog sparlandone. Ma ancor più accorato è il mio appello affinché voi non la sottovalutiate.
 In ultimo. E' assai probabile che verrò querelato dalla RAI e dalla signora Gabanelli per questo mio grido d'allarme, e ciò non sarà piacevole per me.



Hanno imbavagliato la mia libertà professionale, manon imbavaglieranno maila mia coscienza, perché quello che sto facendo inqueste righe è dire la verità per il bene di tutti. Spero solo che serva.


Grazie di avermi letto.

 Paolo Barnard
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Freddy
Inviato il: 18/2/2008 15:39
Direttore
Registrato: 25/7/2005
Da: Latina
Messaggi: 2542
Re: Italiopoli ed i costi della politica

Caro Roccia, lavorando nel settore farmaceutico da circa 20 anni, conosco bene il fenomeno del comparaggio medico.

Ad ogni modo ti posso assicurare che anche in quel campo il fenomeno Italia si defferenzia da tutti gli altri paesi del mondo (eppure le case farmaceutiche sono le stesse).

A questo punto mi viene in mente la barzelletta del signore che ovunque si toccava sentiva dolore, fno ad accorgersi che il problema era nel dito.

Il nostro problema è che ormai il  "dito" si è incancrenito.

Freddy



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bax
Inviato il: 19/2/2008 19:13
Registrato: 1/2/2008
Da:
Messaggi: 11
Re: Italiopoli ed i costi della politica

A seguito delle recenti fusioni, a fine del maggio 2007 abbiamo il seguente
assetto proprietario della Banca d'Italia
Intesa-San Paolo (Crédit Agricole) 30,33%
Unicredit-Capitalia 22,10%
Generali 6,30%
Carisbo 6,20%
Inps 5%
Banca Carige 4,80%
Bnl (Paris Bas) 2,80%
Mps 2,50%
Il capitale francese detiene oltre 1/3 della Banca d’Italia: infatti, il Crédit Agricole controlla il gruppo Intesa-San Paolo che oggi ha il 30,33 % della Banca d’Italia, e Paris Bas controlla la BNL che oggi ne ha il 2,80%. Il risultato è che l’Italia è stata fatta colonia monetaria di banchieri privati francesi.

Sigh!!! dove andremo a finire

 



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